Frasen Works

Come nascono le migliori ruote sul mercato? Cosa c’è dietro ad una scelta di vita? Questa è la storia di Frasen Works e, ovviamente, delle sue due ore

Il corridoio è spazioso ma la luce fa fatica a trovare spazio. L’officina, invece, ha due grosse finestre da cui entra un sole accecante e caldissimo anche se siamo ancora in pieno inverno. D’altra parte il Mediterraneo a queste latitudini sa essere davvero accogliente sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello climatico. Ed è proprio questo tepore a trasmettere un senso di tranquillità che è raro trovare in un luogo dove iconograficamente ci aspetteremmo odore acre, rumore assordante e disordine dappertutto.
Che qualcosa non quadrasse l’avevamo capito subito, sin da quando siamo stati invitati al quarto piano di un palazzo di metà anni 90, sulla Rambla del Poblenou, a poche centinaia di metri dal porto olimpico di Barcellona, la sede di Frasen Works: dove vengono assemblate alcune tra le migliori ruote che il mercato ciclistico conosca. Spesso il soprannome non lo scegli, ma è un qualcosa che ti viene affibiato dagli amici senza nemmeno un perché. Certe volte si enfatizza una caratteristica fisica o comportamentale, altre volte si fa leva sul luogo di provenienza, altre ancora si tronca semplicemente un cognome per essere più veloci quando è il momento di chiamarti o di parlare di te. L’unica cosa che è davvero necessaria, per un soprannome, è avere qualcuno che te lo dia. In questo caso il merito è della crew, di quel gruppo stretto di amici con cui condividi una passione e un’identità che non ritrovi né in famiglia né a scuola: così Davide Frassine diventa Frasen e Frasen Works diventa un brand.

«Sono sempre stato interessato a quelle che si definiscono le subculture. All’inizio per me esisteva solo lo skateboard ed per questo che ho deciso di trasferirmi qua: marciapiedi, scalinate, un lungomare bellissimo, tutto era “skateabile”, un paradiso insomma. Da lì qualcuno di noi è stato attratto dal mondo dello scatto fisso, una delle altre subculture più influenti degli ultimi anni, che vedeva Barcellona vestire il ruolo di città simbolo insieme a Milano, Londra e New York. Infine c’è stato il passaggio inevitabile al ciclismo canonico, seppur con uno stile differente, dove la performance non è tutto, anzi. Il punto forte è l’aggregazione: ci si ritrova, due orette in bici, un paio di birre, quattro risate e via.»

Tendenzialmente chi si fa travolgere dalle subculture lo si può definire un nerd ma nel senso buono del termine, ovviamente. Sì perché quella nuova visione della vita ti entra talmente dentro che diventa prioritaria e, a quel punto, inizi a studiare tutto di quel mondo che ti ha inglobato. Piccolezze, tecnicismi, slang, in un attimo ti trasformi in un nerd. «C’è chi si è appassionato più al telaio, chi alla gruppo cambio, chi agli accessori e chi, come me, a quell’invenzione che migliaia di anni fa ha rivoluzionato il mondo: la ruota». Sono scelte che non si fanno col pensiero ma vengono naturali: quello che si può definire il talento. 
Così un giorno crei una ruota per un amico, poi per un altro e un altro ancora. Funzionano, loro sono contenti e capisci che la strada intrapresa è quella. Non sai nemmeno bene come, ma dopo tre anni il tuo appartamento si è trasformato in una officina. Non c’è neanche più spazio per la spesa: tutta la casa è occupata da cerchi, raggi e ogni attrezzo possibile e immaginabile. E poi cartoni, cartoni e cartoni. «Per questo è necessario avere ordine ed essere disciplinati, altrimenti rischi che la casa diventi letteralmente una discarica.»

Barcellona è una città che accoglie, ti stringe a sé. Un po’ come tutte le grandi città, anche se poi non è così grande come uno si potrebbe immaginare. «L’effetto, però, è quello delle metropoli: dopo una settimana che vivi qua, ti senti di qua. E se ti chiedono di dove sei, rispondi subito di Barcellona!, anche se magari ci sei arrivato quattro giorni fa.»
«E poi la figata di Barcellona è che hai tutto», ma non quel tutto che possiamo pensare: non si tratta di mostre, musei, concerti. O meglio, sì, c’è ovviamente anche quello come in ogni grande agglomerato. «Intendo dire che hai mare, collina e montagna poco distante: se ami andare in bici è un vero paese dei balocchi. Soprattutto per chi, come me, riesce a ritagliarsi due ore durante la giornate e non ha tempo di spostarsi con macchina o mezzi per raggiungere una salita o un luogo particolarmente attraente dal punto di vista ciclistico. Qua, semplicemente, esci da casa e ti butti verso l’entroterra: trovi davvero di tutto a brevissima distanza». Percorsi gravel, lunghe ascese su asfalto, mangia e bevi collinari spacca gambe: tutto questo nel giro di qualche chilometro. «Pensa che se vuoi allenarti bene, puoi addirittura fare le ripetute in salita in centro città. Capito cosa intendo?».

Ma quando il ciclismo diventa il tuo stile, non è più solamente sport. Il ciclismo, e ritorniamo alle subculture, è vita reale: 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Così anche ogni spostamento in città viene fatto su due ruote: la bici preferita in questo caso è una gravel, «in maniera da poter saltare su e giù dai marciapiedi senza problema, proprio come con lo skate». La scelta della scarpa da mtb con la quale camminare e da portare durante un aperitivo con gli amici è poi quel dettaglio che funge da segno di riconoscimento: ti guardo e ho già capito tutto di te. È esattamente un po’ come quando vedi un metallaro, che è metallaro sempre. O uno con l’Harley Davidson, che è harleysta sempre.Due ore in bici, le sue due ore, e poi di nuovo in officina e di nuovo quel tepore unico. Vedere le mani impegnate con mozzi e cerchi di ogni tipo ti trasportata in un’epoca lontana dove, con lavoro manuale e concentrazione, ogni creazione era un’opera d’arte.
«Sono movimenti che ti portano fuori dal tempo, quasi come se l’orologio non esistesse più e la vita si prendesse un po’ di pausa da te. I problemi se ne vanno, non esiste ieri e non esiste domani, ma non esistono nemmeno cinque minuti prima e cinque minuti dopo».
L’essenza dell’artigianalità che, spesso, dimentichiamo derivare proprio da arte.

Fortunatamente è anche business, guadagno, un modo per portare a casa la pagnotta insomma. Sono tanti i brand che si rivolgono a Frasen Works, tra cui Mavic e Enve di cui è l’assemblatore ufficiale per progetti ad hoc. Poi c’è tutto il su misura, il tailor made come si dice adesso. Funziona così: lo chiami, gli spieghi quali sono le tue necessità, quando e come vorrai utilizzare le ruote, e lui te le fa recapitare nel giro di 6/7 giorni. «50% di acconto e 50% alla consegna, a meno che tu sia un mio amico. In quel caso 100% di acconto. Perché rischiare di perdere un cliente è un conto, ma rischiare di perdere un amico non lo voglio nemmeno prendere in considerazione».